Il programma CADIS COVID-19 denominato ‘Interventi di emergenza nella prima fase’ è  stato pensato e progettato principalmente per fornire il soccorso alle popolazioni più vulnerabili e l’assistenza immediata alle strutture sanitarie camilliane nei paesi in via di sviluppo in Africa, in America e in Asia. Inoltre, ha anche l’obiettivo di raccogliere informazioni di prima mano sulla situazione attuale, sulle risorse disponibili (umane e materiali), sulle potenzialità delle comunità locali più duramente colpite e su come ricostruire e rafforzare la resilienza delle comunità vulnerabili (seconda fase). La prima fase è servita come elemento di approccio introduttivo all'obiettivo principale di CADIS (ndr.: Camillian Disaster International Service): fornire una risposta comunitaria e partecipativa al complesso impatto della pandemia da COVID-19 sulle comunità più fragili. Ha offerto uno spazio di apprendimento a partire dall'analisi più approfondita dell’impatto della pandemia, intuendo, al contempo, il modo di affrontare la questione, attraverso un approccio integrale, fondato sui diritti.

VEDERE – La risposta dei soccorsi nell’emergenza

Il 30 gennaio 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato il COVID19 un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale. Ciò ha permesso all’OMS di coordinare meglio la risposta globale e di responsabilizzare le nazioni rispetto all'osservanza degli standard di sicurezza in materia di viaggi, di commercio, di quarantena e di screening. In quel momento, le persone infette da COVID-19 avevano raggiunto un totale di 7.818 casi confermati in tutto il mondo, con la maggior parte di questi concentrata in Cina e 82 casi segnalati in 18 paesi al di fuori della Cina. Un mese dopo, il 11 marzo 2020, è stato dichiarato lo stato di pandemia per gli oltre
118.000 casi di infetti da coronavirus in più di 110 paesi in tutto il mondo, con più di 4.300 decessi secondo le analisi della Johns Hopkins University (cfr. JH Coronavirus Resource Center).
Quando CADIS ha iniziato il monitoraggio quotidiano dei casi di COVID nei 37 paesi dove sono presenti i camilliani, nel mese di aprile 2020, si registravano già 1.403.367 di casi confermati, 97.874 morti e 306.914 persone guarite (21% di guariti). A settembre 2020, i casi di contagio hanno raggiunto i 25.604.771, con 777.194 decessi ed oltre 18.949.023 di persone guarite. Anche se i casi confermati sono in aumento, la percentuale delle persone guarite sta salendo al 74% degli infetti totali.
L’impegno scientifico e politico globale ha spinto all’adozione di nuove strategie di lotta contro l’infezione da coronavirus. Imparando dalla lezione delle antiche strategie sulla gestione delle pandemie, la misura della quarantena ha contribuito ad appiattire la curva della diffusione dell’infezione da coronavirus. Tuttavia, i danni collaterali negativi per la vita personale e sociale della popolazione sono notevoli. Questo è stato evidenziato nella recente ricerca sull'impatto delle misure di quarantena pubblicata sulla rivista The Lancet. “La separazione dai propri cari, la perdita di libertà, l’incertezza sullo stato di malattia e la noia possono, a volte, determinare degli effetti
drammatici. Sono stati denunciati suicidi, è stata generata una notevole rabbia e sono state intentate cause legali a seguito dell’imposizione della quarantena in precedenti epidemie” (Lancet, n. 395, pag. 912-20, 26 febbraio 2020). Questa constatazione si basa su una revisione della letteratura scientifica effettuata dal Dipartimento di Medicina Psicologica del King's College di Londra e pubblicata su The Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche.

Mentre si preparava per l’intervento di soccorso d’emergenza, CADIS ha collaborato con alcuni membri della Famiglia Carismatica Camilliana (FCC) e con altri partner non camilliani, organizzando delle forme di sostegno psicosociale e spirituale multilingue, in forma on-line, rivolgendosi soprattutto alle persone colpite dalla pandemia. Questo intervento di supporto è stato realizzato attraverso una piattaforma on-line avviata dalla Catholic Health Association of India denominata Corona Care (https://coronacare.life/). Il network di informazione per le epidemie dell’OMS ha convocato un incontro per tutte le Faith-Based Organizations (FBO), ossia per le diverse organizzazioni religiose (‘di fede’) come CADIS e per i leader religiosi delle principali religioni mondiali, con l’obiettivo di poter elaborare delle linee guida di impegno delle FBO per una corretta e accurata trasmissione della comunicazione riguardante la pandemia. Questo tipo di approccio multi disciplinare per stabilire un supporto psicosociale e spirituale è stato altamente efficace nel mitigare l’insorgenza di gravi problemi di salute mentale tra le persone colpite dalla pandemia. Considerando la complessità di questa pandemia, un approccio multi disciplinare, sensibile alla cultura e basato sui diritti dovrebbe essere integrato in qualsiasi altra forma di intervento di aiuto e di sostegno. 

Oltre all’intervento a distanza sulla salute mentale e psicosociale-spirituale, CADIS si è impegnata in operazioni di soccorso d’emergenza. Dei trentasette paesi che registrano la presenza e la missione dei camilliani, diciotto paesi in via di sviluppo sono stati selezionati per le operazioni di soccorso in Asia (India, Indonesia, Pakistan, Filippine, Vietnam), in America (Argentina, Colombia, Ecuador, Haiti, Messico, Perù) e in Africa (Benin, Burkina Faso, Repubblica Centro Africana, Kenya, Tanzania, Togo, Uganda). Sono state organizzate tre linee di intervento: a) distribuzione di cibo e beni di prima necessità; b) distribuzione di DPI (dispositivi di protezione individuale); c)
sostengo istituzionale del personale sanitario (frontliners). I principali finanziatori di questi progetti sono stati CADIS-Taiwan, la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) ed alcuni singoli donatori.

L’operazione di intervento d’emergenza ha perseguito un duplice obiettivo: a) alleggerire il carico economico e psicologico della popolazione e b) valutare, sentire e comprendere la situazione direttamente ‘sul campo’, in preparazione all'intervento nella seconda fase, nella stagione post-coronavirus. L’implementazione dei programmi è stata condotta nel rispetto dei protocolli di sicurezza e di salute pubblica da parte dei membri di CADIS, della FCC, dei confratelli e dei volontari. La presenza fisica in loco si è rivelata necessaria per il raggiungimento degli scopi principali del progetto. In questo intervento di emergenza, è stato offerto un sostegno a circa 69.482 beneficiari individuali e a sette strutture sanitarie camilliane. Centinaia di volontari si sono uniti insieme in questo sforzo. Il costo totale dei progetti è stato di 750.000,00 euro. 

L’intervento di emergenza di CADIS ha alleggerito il carico economico e psico-spirituale delle famiglie e delle strutture sanitarie camilliane, che hanno potuto garantire la loro operatività anche nel bel mezzo alla pandemia.  D’altra parte, questa situazione emergenziale ha rimotivato i membri e i volontari di CADIS nell'impegnarsi e nell'essere pro-attivi, soprattutto in una crisi di simili proporzioni.

GIUDICARE – Apprendere e realizzare a partire dalla risposta 

La pandemia di COVID-19 ci ricorda la nostra comune umanità. Questo virus non discrimina in base alla razza, alla religione, alla nazionalità o allo status socio economico. Questo virus ha reso leader influenti, come Boris Johnson (primo ministro del Regno Unito) e Donald Trump (presidente degli Stati Uniti d’America) uomini altrettanto vulnerabili come i cittadini comuni. Lungo la sua traiettoria infettiva, siamo tutti uguali, il che significa che tutti insieme dobbiamo affrontare questa crisi.

Il rabbino capo del Sudafrica, Warren Goldstein, ha affermato: “In un momento di forte polarizzazione a livello mondiale, questa pandemia ci ricorda la nostra comune umanità. La sua diffusione inarrestabile dovrebbe rafforzare la nostra fede nella comune dignità di tutti gli esseri umani”. Marie Dennis, membro di Pax Christi ha dichiarato: “Questa situazione mi ha aiutato a riconoscere la fragilità della vita, la centralità delle relazioni e l’importanza della comunità. Covid19 sta mettendo a nudo la profonda ingiustizia e la violenza che rendono troppe persone, comunità e paesi molto più vulnerabili di altri”. 

Inoltre, il coronavirus è anche un richiamo alla nostra fragilità collettiva. “Nonostante i nostri grandi progressi nell’ambito della medicina e della tecnologia durante il XXI secolo, un virus furtivo e invisibile ha messo in evidenza tutta la nostra debolezza. Riconosciamo questa situazione ed esprimiamo nelle preghiere la nostra fondamentale vulnerabilità, consapevoli di essere, dopo tutto, nelle mani di Dio” (Rabbino Warren Goldstein).
Ciò che si cela dietro la nostra umanità condivisa e la fragilità collettiva è la verità fondamentale dell’esistenza umana, nella dinamica dell’interconnessione di tutte le creature. “Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dal più fragile, da coloro che sono più colpiti, compreso il creato, non possiamo guarire il mondo” (Papa Francesco, Udienza generale, 12 agosto 2020). Pertanto, qualsiasi soluzione efficace per diminuire il grave impatto di questa pandemia richiede una prospettiva
integrale, centrata sulla persona, allineata con i principi per una sanità basata sui diritti, per una forma di giustizia ecologica, con l’adozione di un metodo di partecipazione che è principalmente basato sulla comunità. Questo è il percorso che CADIS persegue e continuerà a seguire nel suo programma di resilienza post COVID-19.

Prospettiva integrale 

L'impatto della pandemia è tutt’altro che assorbito. Tutti sono unanimemente convinti che le sue conseguenze peggiori non siano state ancora valutate. Questa situazione pandemica sta generando confusione e stress nell’ambito personale, nelle dinamiche della vita sociale (che include lo scambio di beni tra le persone e la società in generale, e la dimensione politica che coinvolge l’esercizio dei diritti e dei doveri delle persone all’interno della polis), e nella vita spirituale (dimensione riflessiva dell’interrelazione degli esseri umani con Dio e con gli altri).

Pertanto, è imperativo progettare una risposta per mitigare l’impatto del COVID-19, che coinvolga tutti gli altri aspetti interconnessi della vita umana. Questo obiettivo è in linea con la visione ideale e progettuale di CADIS: contribuire alla pienezza della vita dei singoli in una comunità resiliente. Ogni progetto deve essere ancorato ad una prospettiva particolare e deve essere strutturato al fine di una autentica trasformazione della vita delle persone colpite. La domanda vitale che necessita di una risposta accurata è: che cosa è stato trasformato (livello qualitativo) e non solo che cosa è stato cambiato (livello quantitativo)?

Un approccio focalizzato sulla persona colloca l’essere umano al centro di tutti i nostri obiettivi. Dopo che le misure restrittive (lockdown) sono state gradualmente allentate nella maggior parte dei paesi, l’economia – con tutte le sue variegate dinamiche – si è collocata prepotentemente al centro del dibattito, anche a spese di aspetti di salute pubblica, altrettanto importanti! Tutti sembrano dimenticare che l’economia è al servizio dell’umanità e non vice versa.

Papa Francesco ha indicatochiaramente e ripetutamente la direzione che dobbiamo intraprendere e lo slancio ideale che ci deve abitare. 

“Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i “costi umani”, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni. Oggi possiamo riconoscere che «ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà». Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza” (Lettera enciclica Fratelli tutti, 33).

Un approccio centrato sulla persona sostiene e permette ad ogni singolo individuo di costruire e mantenere il controllo della propria vita. Colloca la persona al ‘centro del servizio’, rendendola protagonista del percorso decisionale sulla sua vita. 

Questo approccio di intervento centrato sulla persona evidenzia alcuni elementi di forza: le persone sono riconosciute come gli ‘unici’ esperti della loro vita, concentrandosi anzitutto su ciò che possono fare e, in secondo luogo, su quale tipologia di aiuto hanno bisogno. In tale prospettiva, si incoraggia la partecipazione e si valorizzano le capacità di ognuno, perché nessuno ha il monopolio di una particolare conoscenza. Un vecchio proverbio africano sintetizza: “Se vuoi andare velocemente, cammina da solo. Se vuoi andare lontano, cammina insieme”.

“I gruppi umani, i loro stili di vita e le loro visioni del mondo, sono vari tanto quanto il territorio, avendo dovuto adattarsi alla geografia e alle sue risorse. [...] Attraverso un territorio e le sue caratteristiche Dio si manifesta, riflette qualcosa della sua inesauribile bellezza. Pertanto, i diversi gruppi, in una sintesi vitale con l’ambiente circostante, sviluppano una forma peculiare di saggezza. Quanti osserviamo dall'esterno dovremmo evitare generalizzazioni ingiuste, discorsi semplicistici o conclusioni tratte solo a partire dalle nostre strutture mentali ed esperienze” (Esortazione apostolica post sinodale Querida Amazonia, 32).

Basato sui diritti Il COVID-19 non conosce confini, e non ‘discrimina’ nessuno secondo la razza, la religione, la nazionalità e lo status socio economico: colpisce tutti! In questo senso, il virus ha smascherato l’enorme disuguaglianza tra i popoli e tra le nazioni. Secondo il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (United Nations Development Program – UNDP), che sintetizza le valutazioni sull'impatto socio economico della pandemia in 63 paesi, nel mese di giugno 2020, circa 40-60 milioni di persone valicheranno la soglia della povertà estrema a causa degli shock economici generati dalle restrizioni sociali-civili-politiche imposte in modo diffusivo per contenere la diffusione del COVID-19; circa 1,6 miliardi di lavoratori ‘informali’ (senza contratto o con contratti a tempo determinato) hanno perso il 60% del loro reddito, senza poter accedere a piccoli risparmi pregressi e nessun accesso a varie forme di tutela e di protezione sociale; circa 265 milioni di persone nei paesi a basso e medio reddito sono a rischio di grave insicurezza alimentare; circa il 55% della popolazione mondiale (circa quattro miliardi di persone) non gode di alcuna copertura assicurativa personale sociale o di assistenza-sostegno di inclusione sociale.
Per poter organizzare interventi duraturi e per poter accompagnare una trasformazione nella vita delle famiglie vulnerabili e delle comunità sociali fragili colpite da COVID-19, è auspicabile che ogni iniziativa per salvarle sia fondata sui diritti. È necessario rafforzare e ri-costruire le capacità (talenti) delle persone individuali e migliorare le condizioni sociali che sosterranno e accompagneranno poi l’auto-percezione positiva della propria dignità e delle proprie risorse, con l’obiettivo di ricostruire i beni essenziali alla sopravvivenza delle comunità, per proteggerle dall'impatto negativo della pandemia. In uno dei suoi interventi catechistici, in tempi di Covid, Papa Francesco afferma: “Dobbiamo anche curare un virus più grande, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, dell’emarginazione e della mancanza di protezione per i più deboli. In questa duplice risposta per la guarigione, c’è una scelta che, secondo il Vangelo, non può assolutamente mancare: l’opzione preferenziale per i poveri” (Papa Francesco, Udienza generale, 19 agosto 2020).

Giustizia ecologica 

Lo squilibrio del nostro ecosistema ha drammaticamente generato un profondo impatto sulla vita umana e su tutte le creature viventi: un ecosistema interamente progettato dal Creatore per proteggere la vita umana e la nostra casa comune. La vulnerabilità dell’ecosistema è principalmente antropogenica. La pervasiva “cultura dell’usa e getta” e il desiderio di profitto causano molti danni alla nostra casa comune. L’urbanizzazione e i relativi cambiamenti nello sfruttamento del suolo hanno portato i focolai di malattie tipiche della fauna selvatica a più stretto contatto con il bestiame e con le persone, in concomitanza anche con l’aumento del consumo di carne (cfr. Editoriale, Crossover, Q1, 2020). “La pandemia di COVID-19 rivela la verità fondamentale che le società non possono essere sane se il pianeta e i suoi ecosistemi non sono sani. L’origine dell’attuale coronavirus – e dei suoi predecessori come la SARS e la MERS, nonché dell’Ebola – è legata all’interferenza umana nel complesso equilibrio degli ecosistemi naturali” (DPIHD, COVID-19 Commission – Ecology Task Force, maggio 2020).

La Pontificia Accademia per la Vita (PAV) ha confermato che l’epidemia del COVID-19 ha molta attinenza con la “depredazione della terra da parte dell’uomo e la spoliazione del suo valore intrinseco”. Lo dimostrano i seguenti fenomeni: a) “l’aumento della deforestazione spinge gli animali selvatici in prossimità dell’habitat umano. I virus ospitati dagli animali, quindi, vengono trasmessi all'uomo, aggravando così la realtà della zoonosi, fenomeno ben noto agli scienziati come veicolo di molte malattie”; b) “l’esagerata richiesta di carne nei paesi del primo mondo dà origine a enormi complessi industriali di allevamento e di sfruttamento degli animali. È facile capire come
queste interazioni possano in ultima analisi favorire la diffusione di un virus attraverso i trasporti internazionali, la mobilità di massa delle persone, i viaggi d’affari, il turismo, etc” (Pontificia Accademia per la Vita, L’Humana Communitas nell’era della pandemia: riflessioni inattuali sulla rinascita della vita, 22 luglio 2020).

Qualsiasi iniziativa per mitigare l’impatto dell’epidemia del COVID-19 deve integrare un elemento di conversione ecologica “in cui la vita dello spirito non sia dissociata dal corpo o dalla natura o dalle realtà mondane, ma vissuta in e con esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda”. (Papa Francesco). È quanto mai necessario ripristinare il rapporto intrinseco e la connessione di tutto ciò che il mondo possiede e vive in concreto. Si deve promuovere ed elevare il comportamento delle persone ad un alto livello di coscienza ecologica.

AGIRE – Costruire e rafforzare la resilienza delle comunità vulnerabili Il piano d’azione post-coronavirus di CADIS ha lo scopo di fornire uno strumento attraverso il quale le province e le delegazioni dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (camilliani), così come le loro organizzazioni nazionali, legalmente registrate, partner locali di CADIS, possano lavorare con CADIS International per costruire sinergie internazionali, collaborazioni e/o partnership per a) rispondere all'attuale epidemia di COVID-19 nei paesi in via di sviluppo; per b) affrontare gli obiettivi essenziali e per c) finalizzare le priorità e gli obiettivi strategici di CADIS. Collaborando con CADIS, le province e le delegazioni dell’Ordine possono sfruttare le competenze, le risorse e i rapporti di lavoro di CADIS in modo da far progredire il progetto post-Covid e promuovere gli obiettivi più ampi per costruire la resilienza delle popolazioni e dei sistemi sanitari locali e per sostenere la giustizia e l’inclusione delle comunità emarginate dai processi tradizionali di sviluppo.

La pandemia di coronavirus e il cambiamento climatico sono sfide enormi che richiedono un’azione sinergica e coordinata da parte di tutti. CADIS partecipa a queste azioni concertate attraverso partnership e collaborazione. I camilliani, in generale, non possono agire in modo isolato dagli altri, ma devono trovare altre organizzazioni e istituzioni con cui lavorare, affrontando enormi sfide che riguardano le comunità e le popolazioni più vulnerabili. Inoltre, non è intenzione di questo progetto post-Covid sostenere attività di soccorso o altri approcci tradizionali che mancano di creatività e di prospettiva. Al contrario, esso presta attenzione a quelle idee che cercano di avviare, sviluppare, migliorare o comunque aumentare la resilienza delle comunità locali e ridurre la loro vulnerabilità. L’elemento qualificante di ogni azione che riduce l’esposizione e aumenta gli approcci alla resilienza coinvolge nella modalità stessa in cui devono essere aiutate e assistite, piuttosto che escluderle, le persone; affronta e sostiene i loro diritti fondamentali come il diritto all'assistenza sanitaria e come tale si impegna a fornire alle persone emarginate, ‘una voce’ qualificata. 

CADIS è impegnata in un modello di partnership in evoluzione, una forma di collaborazione e di networking (lavoro in rete) con coloro che i religiosi camilliani servono in tutto il mondo.

Riconosce che la creazione di soluzioni sostenibili per le sfide globali è uno sforzo congiunto che coinvolge i leader e le comunità che vivono nei paesi in cui i camilliani stessi vivono e lavorano. CADIS è impegnata nello ‘sfidare’ lo spirito e la pratica convenzionale nel realizzare il ministero nel mondo della salute, nello sviluppo internazionale e nelle azioni umanitarie per creare nuovi stili di operatività, per lavorare direttamente con le organizzazioni e le comunità locali nei paesi in via di sviluppo dove i camilliani sono presenti. 

COVID-19 sta evidenziando la fragilità dei sistemi sanitari nazionali pubblici e privati e la risposta, oggi inadeguata, formulata dei governi occidentali dopo l’influenza spagnola (anno 1920). La privatizzazione dell’assistenza sanitaria comporta l’indebolimento delle iniziative di sanità pubblica. Per esempio: i paesi altamente sviluppati in cui la copertura delle vaccinazioni di massa è bassa sono quelli che hanno i tassi più alti di infezioni da COVID-19. Quando l’assistenza sanitaria cessa di essere un diritto umano, diventa una forma di merce. E come merce, diventa oggetto di lucro, e quindi subordina il diritto alla salute al profitto. Una importante iniziativa assai raccomandata è quella di rafforzare la resistenza dei sistemi sanitari primari che sono sempre all'avanguardia della salute della popolazione, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Ad oggi, CADIS sta lavorando a stretto contatto con i camilliani in Burkina Faso, Uganda, Tanzania, Kenya ed Haiti per costruire e rafforzare la resilienza delle comunità più in difficoltà. Questo progetto andrà a beneficio di oltre 500.000 persone vulnerabili in questi cinque paesi in via di sviluppo. I progetti in Uganda e in Tanzania sosterranno i servizi di assistenza sanitaria di base che si concentrandosi sulla cura materno-infantile e sulla costruzione di competenze per le madri single e per contrastare il fenomeno degli abbandoni scolastici. Il progetto in Kenya si concentrerà sulla costruzione di resilienza ed ecosistemi sostenibili tra le comunità che vivono in aree semi-aride, utilizzando il metodo dell’agricoltura smart per ridurre il problema dell’insicurezza alimentare. Ad Haiti ci si concentrerà sul rafforzamento della resilienza della struttura sanitaria e sull'avvio di micro imprese in comunità vulnerabili pilota. L’attività in Burkina Faso si concentrerà sulla costruzione della resilienza tra le popolazioni sfollate nella parte settentrionale del Paese. CADIS considera queste iniziative future come semi per il cambiamento e l’innovazione del ministero nel mondo della salute. Le persone malate non sono solo quelle confinate tra le mura delle strutture sanitarie. San Camillo de Lellis era convinto che ovunque si trovino i malati, il camilliano dovrebbe essere lì, immerso nel mare magnum della carità (il ministero camilliano).

                                                                                                                                                                                                                                P. Aris Miranda, MI